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Le mamme sono tutte "drogate"?

Nauseata e abbattuta dal virus gastrointestinale, mi ritrovo sola in casa, senza prole e senza Mr LiuK. Per un attimo mi sento persa pensando con senso di colpa al fatto che dovrei far qualcosa, sistemare un po’... poi spunta fuori una sensazione molto piccola che diventa quasi un’euforia. Sono sola, SO-LA! Lo realizzo mentre mi accingo a bere un te col limone, mio unico alimento di questi giorni e inizio con calma a sfogliare l’ultimo numero di Internazionale arrivato venerdi scorso. L’oroscopo di Rob l’ho già letto, le figure le ho intraviste, poi l’occhio mi cade  su una piccola rubrica che si intitola “Dear Daddy”, ma non è tanto il titolo quanto l’argomento: Sette giorni senza figli. Il giornalista Claudio Rossi Marcelli (ma perchè ci sono persone che hanno tutti sti cognomi? Firmarsi con due cognomi è una scelta personale o cosa?!?) risponde ad una mamma che soffre ad allontanarsi dai propri figli anche se  riconosce una propria sofferenza nel distacco, che è altra cosa rispetto a quella che provano i figli. 


Che poi questo riconoscimento non è così semplice da parte delle mamme. Si tende ad affibbiare tutta la sofferenza lato figli, così non ci si deve fare i conti. Mi sono sentita e a volte mi sento ancora rimproverata da parenti, amici, conoscenti, sconosciuti per la strada, e non in ultimo da Mr Liuk, per il mio attaccamento alla prole, per la scelta di portare, perchè ci dormo insieme, per voler salvare tutto anche quando sono arrabbiata, per non fare mai la parte della cattiva, per non riuscire a delegare.



L’ambientamento delle due scimmie urlatrici all’asilo è stato, come ho già detto in altri luoghi, il periodo più crudele della mia vita. E’ stato il mio ambientamento al distacco fisico, emotivo, psicologico.

“Dear Daddy” direbbe, come dice alla madre a cui risponde, che sono drogata di maternità. Che il fatto di stare lì, con tuo figlio in pancia per nove mesi, farlo uscire da un antro oscuro, accettare i cambiamenti del proprio corpo, allattarlo ogni volta che lo richiede, dormire 4 / 5 ore a notte, se va bene, invecchiare improvvisamente (se rivedo le mie foto di 3 anni fa sembro una ragazzina!), crea dipendenza.

Rimango ammutolita di fronte alla parola. DIPENDENZA. Chissà che non sia più o meno quello che pensa anche Mr Liuk. No, vabbè non voglio farla tragica. Non è così fuori dal mondo quest’idea. Essere dipendenti dai propri figli, credo sia la cosa più normale del mondo, così come i nostri figli dipendono da noi. Si tratta di funzioni biologiche.

Ma non voglio soffermarmi su temi che richiederebbero bibliografie di libri su libri. Torno alla
dipendenza della madre. E cerco di interrogarmi. Sono come ogni mamma, intimamente legata alle mie figlie. Questo è un fatto. La dipendenza di cui parla Dear Daddy,  è una sfumatura che se non riconosciuta, potrebbe diventare una distorsione. Mi faceva notare la mia analista quando ero in crisi per l’imminente ambientamento della più piccola, che forse, lasciandola, avrei potuto lasciare, appunto, che mettesse in atto le sue risorse e che probabilmente sarei rimasta sorpresa nel vedere apparire una parte di lei, di cui la ritenevo mancante per giovane età, o per mia necessità di non staccarla.

D’altra parte in tutto questo cambio di “forma” fisica, emotiva e psicologica della madre, ci sta che al momento del distacco ci si senta nudi, soli, tristi, inclini all’angoscia, confusi e  incapaci di mettersi a fare tutte le cose che da un po’ non trovavamo il tempo di fare. Di buono c’è che ci si può disintossicare, anche un po’ alla volta, creandosi dei piccoli spazi personali...  perchè poi, dice Dear Daddy: “ammettiamolo, non è mai facile avere in casa una drogata”.

No, facile non è, ma per fortuna esiste una figura molto importante nella famiglia, come ci racconta Winnicott, che ha il preziosissimo ruolo di garantire il benessere psicofisico della moglie e di aiutarla in tutti questi passaggi: il padre.

Ma i mariti poi, i padri, aiutano davvero? E voi mamme vi siete mai sentite “drogate di maternità”? E quanto?


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